
Autore: Banca Widiba
Data di pubblicazione: 11 dicembre 2025
Federal Reserve e allentamento, fine dell’era preventiva
La riunione della Federal Reserve del 10 dicembre 2025 ha confermato le aspettative del mercato, deliberando il terzo taglio dei tassi di interesse dell'anno. La manovra, che riduce il target range dei Fed Funds rates di 25 punti base, portandolo al 3,50% - 3,75%, è significativa non solo per la sua entità, ma anche per il messaggio che l'ha accompagnata.
Fine dell’allentamento preventivo
Il dato cruciale emerso non è il taglio in sé, quanto l'annuncio del Presidente Jerome Powell
"L'era dell'allentamento preventivo è finita".
Questa dichiarazione segna un cambio di paradigma.
I precedenti tagli del 2025 erano stati guidati da una logica prevalentemente precauzionale, agendo come "assicurazione" contro potenziali, sebbene non ancora evidenti, deterioramenti economici. Questa filosofia è ora superata. Il taglio è stato definito un "aggiustamento prudente", ma la Fed ha chiarito che le decisioni future non saranno proattive; saranno invece strettamente dipendenti dai dati. Questo si traduce in una minore prevedibilità della politica monetaria.
È interessante notare la non unanimità del voto: la decisione è passata con una minoranza divisa. Da un lato, il governatore Stephen I. Miran propendeva per un taglio più incisivo di 50 punti base, mentre i presidenti delle Fed di Kansas City e Chicago (Jeffrey R. Schmid e Austan D. Goolsbee) ritenevano più appropriato il mantenimento dei tassi invariati. Tale disaccordo sottolinea le sfide interne nel definire il giusto equilibrio tra la lotta all'inflazione e il sostegno dell’occupazione.
Le proiezioni macroeconomiche
Nonostante l'allentamento, la visione di Powell sull'economia americana rimane cautamente ottimistica, un elemento chiave per la pianificazione finanziaria a lungo termine.
L'Autorità ha rivisto al rialzo le previsioni di crescita del PIL per il 2026, stimando un potenziale 2,3% su base annua. Questa spinta è garantita dai consumi robusti, dagli investimenti in capitale legati all’Intelligenza Artificiale e dall'atteso allentamento fiscale.
Il quadro sul duplice mandato della Fed (occupazione e inflazione) appare nel complesso gestibile.
Se da un lato il mercato del lavoro si è raffreddato più rapidamente delle attese del FOMC, la Fed confida in un effetto positivo ritardato del ciclo di tagli del 2025. Rimane necessario monitorare con attenzione le dinamiche salariali per le fasce di reddito più basse e l'incremento della disoccupazione giovanile.
Sul fronte inflazionistico, la mossa riflette un quadro più roseo. L’inflazione Pce dovrebbe calare al 2,4% l’anno prossimo. La Fed ritiene che l’eccesso di inflazione sia ormai circoscritto ai beni soggetti a dazi, prevedendo che il picco si manifesterà nel primo trimestre per poi diminuire sensibilmente. Tuttavia, la forza della domanda interna mantiene i rischi orientati verso l’alto.
L'orizzonte della politica monetaria
Con l’ultimo aggiustamento, la Fed si sente in una posizione favorevole per reagire a eventuali sorprese e attendere gli effetti sull'economia prima di decidere i prossimi passi.
Le nuove proiezioni, influenzate anche dalla forte spinta alla produttività trainata dall'AI, indicano come prospettiva più accreditata quella di un solo ulteriore taglio dei tassi l'anno prossimo. I mercati prima della riunione si aspettavano più di due tagli nel 2026.
L'Autorità esclude un rialzo nell’orizzonte temporale della politica monetaria (fino al 2028), lasciando come opzioni più plausibili ulteriori allentamenti o il mantenimento dei livelli attuali.
Implicazioni per il Wealth Management
Ci si aspetta quindi una strada verso la normalizzazione misurata e non scontata. La minore attesa di tagli futuri suggerisce che il rendimento sui titoli di stato a breve termine potrebbe rimanere interessante più a lungo del previsto, questo richiede una gestione attenta della duration obbligazionaria. Allo stesso tempo, la revisione al rialzo del PIL, spinta ancora una volta dall'innovazione e dall'AI, ribadisce la forza sottostante dell'economia, supportando gli investimenti equity, specialmente nei settori esposti a maggiore crescita e produttività.
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